Alla natura si comanda solo ubbidendole. Francis Bacon, Saggi, 1597/1625

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Pinguicola

Pinguicula vulgaris L.

Erba unta – Erba olearia – Erba grassa – Erba da taj – Erba de cai – Erba oliosa

Lentibulariacee

pinguicola

La pinguicola ricorda un poco la viola mammola per i suoi fiori viola porporini; è una piantina minuscola e cresce presso le cascate, i torrenti, nelle forre umide di montagna; è carnivora, micidiale per tutti gli insetti che riesce a catturare. Come la drosera può digerire, per mezzo di enzimi secreti dalle ghiandole delle sue foglie, tutti gli insetti che prende nella sua trappola vischiosa. Mentre le vittime si dibattono per tentare di liberarsi, le foglie pian piano si arrotolano su se stesse; in 24 ore le vittime sono rinserrate nelle foglie e nel giro di tre giorni sono scomparse o digerite. Quando le foglie si ridistendono non restano che le ali e le zampette degli insetti che si disgregano a poco a poco. Un esame microscopico delle foglie ha stabilito che ogni centimetro quadrato ha 25000 ghiandole digestive. La Pinguicula vulgaris è pianta medicinale; micidiale per gli insetti, ha proprietà calmanti ed emollienti. Il suo succo contiene un enzima simile alla rennina dello stomaco dei giovani ruminanti che fa coagulare il latte.

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Habitat: relativamente diffusa in Italia, sulle Alpi e gli Appennini centro settentrionali, negli acquitrini, nelle torbiere, presso corsi d’acqua di montagna; dai 500 ai 2500 m.

Identificazione: da 5 a 15 cm. Perenne, fusto sotterraneo, corto, con steli fiorali sottili e gracili; foglie giallastre o verde allido, in rosette basali aderenti al terreno, sessili, ovali, glandulose, con bordi arrotolati verso l’alto; fiori violetto purpurei (maggio – luglio), isolati, quasi orizzontali, calice a 5 sepali con due labbra corte, corolla lunga, a gola vellutata e prolungata in un gracile sperone, lungo, arcuato verso la base, a 5 petali saldati in due labbra, quello superiore a 2 lobi, quello inferiore a 3 lobi, 2 stami, 2 carpelli; capsula a 1 loggia, a forma di pera, che si apre in due valve, numerosi semi.

Parti utilizzate: foglie fresche o essiccate.

Costituenti: mucillagine, tannino, saccarosio, enzimi.

Proprietà: antispasmodico, bechico, cicatrizzante, emolliente, febbrifugo.

Uso interno, uso estermo – utilizzazione farmaceutica, veterinaria e cosmetica

Indicazioni: capelli, nervosismo, pertosse, ulcera.


Drosera

Drosera rotundifolia L.

Rosolida – Rorella – Rugiada del sole – Erba giassà

Droseracee

Negli acquitrini e nelle torviere, sugli sfagni e i muschi si notano le minuscole drosere con le loro rosette di foglie arrotondate, da cui si innalzano i gracili fusti fiorali. Le foglie sono ricoperte da tentacoli rossi, sensibili e sottilissimi che terminano con piccole ghiandole che secernono un succo vischioso, zuccherino e luccicante, che ha dato alla pianta il nome popolare di rugiada del sole. Gli insetti attirati da questa secrezione restano invischiati e altri tentacoli si richiudono sopra la minuscola preda. Digerito l’insetto la drosera ridistende le sue foglie pronta a catturare un’altra vittima. Si dice che, durante l’estate possa catturarne duemila, per cui è in effetti una pianta carnivora, dotata di un enzima simile alla pepsina del succo gastrico dell’uomo. La drosera è stata adoperata dagli alchimisti e, in seguito, dagli stregoni che la usavano per i loro sortilegi. Tutti i medici, oggi, conoscono l’azione calmante della tintura di drosera per gli eccessi della pertosse; l’infuso di foglie fresche ha un effetto analogo.

drosera

Habitat: torbiere, acquitrini, località umide delle Alpi e degli Appennini; fino a 2000 m.

Identificazione: da 10 a 20 cm. Perenne, fusto fiorale verde o tinteggiato di rosso, fragile, glabro, eretto; foglie lungamente picciolate, in rosette basali, sopra il muschio, rotonde, ricoperte di ciglia tentacolari, con ghiandole rossastre vischiose, più lunghe ai bordi; fiori bianchi (luglio – agosto), piccoli ( 5 – 8 mm), in spighe rade, voltate da una stessa parte, 5 sepali, 5 petali, 5 stami, 3 stili; capsula allungata che si apre in 3-5 valve, contenente numerosi semi alati; ceppo gracile con emissione a stadi annuali di radichette avventizie. Odore nullo; sapore astringente, amaro.

Parti utilizzate: parte aerea della pianta ( luglio-settembre), fresca o essiccata, succo fresco.

Costituenti: tannino, pigmenti flavonici, naftochinone.

Proprietà: antisettico, antispasmodico, bechico, febbrifugo.

Uso interno e uso esterno – Utilizzazione farmaceutica e veterinaria

Indicazioni: callo, pertosse, polmoni, raucedine, tosse, verruca.


Erisimo

erisimo
Erisimo, Sisymbrium officinalis (L.) Scop. Trione – Rapino – Rapistogno – Alaussa – Barbena -Cima amarella – Lassaneddi – Rapa salvaja – Foeggia de navon Crucifere

Sisymbrium officinalis (L.) Scop.

Trione – Rapino – Rapistogno – Alaussa – Barbena -Cima amarella – Lassaneddi – Rapa salvaja – Foeggia de navon

Crucifere

La pianta dell’erisimo era conosciuta  e utilizzata nell’antichità, ma solamente nel XVI secolo fu accuratamente studiata. Le prove inconfutabili della sua efficacia curativa risalgono al Rinascimento; infatti Jacques Dalechamps testimonia che il confratello Guillaume Rondelet riuscì, con l’erisimo, a restituire la voce bianca ad un ragazzo del coro. L’erisimo, infatti divenne poi la pianta degli oratori, degli attori di teatro e dei cantanti. Si racconta che nel 1951, il celebre tenore Tito Schipa due ore prima di entrare in scena fosse completamente afono e che, grazie ad un decotto di erisimo, potesse poi cantare al meglio delle sue possibilità L’elisir d’amore.  la presenza di componenti forforosi nella pianta favorisce l’azione benefica sulla voce, infatti la medicina classica utilizza le cure solforose per le persone affette da disturbi alle vie respiratorie. E’ consigliabile usare l’erisimo fresco, se possibile, ma anche essiccato non perde i suoi principi attivi. Il sapore non è affatto gradevole; per berlo facilmente è consigliabile aggiungere liquirizia o miele molto aromatico.

Erisimo, Sisymbrium officinalis (L.) Scop. Trione – Rapino – Rapistogno – Alaussa – Barbena -Cima amarella – Lassaneddi – Rapa salvaja – Foeggia de navon Crucifere
erisimo tavola

Habitat: in tutta Italia, dalla pianura alle regione submontane; lungo le strade, sulle macerie, in vicinanza di case rurali; fino a 1700 m.

Identificazione: da 30 a 60 cm. Annuale, fusto rigido, eretto, pubescente, rami perpendicolari al fusto; foglie basali picciolate, molto incise in lobi dentati a sega (seghettati), il lobo terminale più grande; fiori giallo pallido (maggio – settembre), piccoli riuniti a grappoli, 4 sepali, 4 petali, 6 stami; siliqua corta e diritta, 2 valve trinervate, contenenti ciascuna un rango di semi; radice dura, bianca. Odore nullo; sapore piccante, acre.

Parti utilizzate: sommità fiorite, foglie fresche, succo fresco ( luglio – agosto); essiccare con cura, conservare a riparo dell’aria, della luce e dell’umidità.

Costituenti: composti solforati, sostanze a struttura cardenolidica nei semi.

Proprietà: antiscobutico, bechico, diuretico, espettorante, stomachico, tonico.

Utilizzo interno e utilizzo esterno, utilizzo farmaceutico

Indicazioni: acne, bronchite, cure di primavera, laringite, raucedine, tosse, tracheite, voce.


Scolopendrio

Scolopendrium officinalis Sm.

Lingua cervina – lingua di cane – Lingua dei pozzi – Erba mula – Erba sciabra – Letuga sarvaega – Erba milsèra

Polipodiacee

Lo scolopendrio è una felce caratteristica dei vecchi muri umidi, delle volte cadenti, presente agli ingressi oscuri di grotte umide. Questa pianta, che dev’essere protetta, è sempre verde in tutte le stagioni; sulla pagina inferiore delle foglie, in estate, appaiono le spore per la riproduzione. Un tempo, lo scolopendrio era apprezzato come rimedio contro i blocchi intestinali e i disturbi del fegato e della milza; in seguito, con il progresso della medicina, furono preparati farmaci più idonei. Oggi la pianta viene sopratutto utilizzata per le sue proprietà emollienti, espettoranti e astringenti. L’omeopatia prescrive una tintura che si ricava dalla pianta fresca; i fitoterapisti consigliano l’infuso delle sue foglie, fresche o essiccate, in acqua o, meglio, nel latte. Lo scolopendrio entra, insieme con altre 16 piante, tutte specie vulnerarie, nella tisana detta tè svizzero e nello sciroppo officinale composto di cicoria.

Scolopendrio Scolopendrium officinalis Sm. Lingua cervina – lingua di cane – Lingua dei pozzi – Erba mula – Erba sciabra – Letuga sarvaega – Erba milsèra Polipodiacee
Asplenium_scolopendrium

Habitat: abbastanza diffuso in Italia, penisola e Sicilia; fino a 1800 m.

Identificazione: da 20 a 90 cm. Perenne, fronde a ciuffi, intere, grandi, robuste, verde brillante, più chiare sotto, un poco ondulate ai margini, a cuore alla base, bordi lisci con piccioli squamosi; sori lungo la pagina inferiore (giugno – settembre), a ranghi paralleli e obliqui rispetto alla nervatura mediana, ricoperti dall’indusio; rizoma sotterraneo, rosastro, spesso, squamoso, fibroso, verticale. Odore erbaceo, che diventa aromatico dopo l’essiccazione. Sapore dolce.

Parti utilizzate: foglie fresche o secche ( tutto l’anno, da utilizzare subito; in settembre da conservare).

Costituenti: mucillagine, tannino, uno zucchero, vitamina C, colina.

Proprietà: astringente, bechico, diuretico, emolliente, espettorante, galattofugo, risolvente, vulnerario.

Uso interno  e uso esterno,  utilizzazione farmaceutica

Indicazioni terapeutiche: allattamento, bocca, bronchite, diarrea, fegato e reumatismi.