Alla natura si comanda solo ubbidendole. Francis Bacon, Saggi, 1597/1625

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Semprevivo

Sempervivum tectorum L.

Sopravvivo – Erba da calli – Sempreìo – Erba vouja – Articiochi mati – Erba da cài – Semparviv – Oregliàrie – Urciaela – Erba trouna – Orencine

Crassulacee

Sempervivum_tectorum_A

Due sottospecie di Semprervivum tectorum L., l’alpinum e la schiottii, son opiante alpine che arrivano fino ad altitudini di 2.400- 2.700 m. La specie tectorum può essere presente anche oltre i 2.000 m sulle rupi delle Alpi e degli Appennini centro- settentrionali. In pianura, cresce sopra i ruderi, negli anfratti dei vecchi muri e sui tetti, come indica molto chiaramente il nome della specie, termine approssimativo ideato da Linneo, per queste piante. Si credeva, un tempo, che questa Crassulacea proteggesse le case dal fulmine. Una pianta perenne, rustica, che assomiglia un poco al carciofo, è molto nota, ma forse non sono altrettanto conosciute le sue proprietà medicinali. Non vi è epoca precisa per raccoglierla, nè occorre farla essiccare; è sufficiente raccoglierne una foglia fresca. Si può immaginare un medicamento più semplice? Il semprevivo serve ad alleviare il dolore delle bruciature e a curare le dermatosi e soprattutto dei calli. La pianta ha pochissime esigenze; un pugno di terra, qualche rara pioggia; in terreni aridi la sua fioritura è più abbondante e più bella. Altre specie di semprevivo sono piante ornamentali che vengono utilizzate tra i sassi dei giardini situati nelle regioni a clima secco.

sempervivum tectorum

Habitat: un pò dovunque nella Penisola e nelle Isole, dal piano alle zone montane; in terreni sassosi e sui tetti, nelle fenditure dei vecchi muri e sui ruderi; fino a 2.000 – 2.400 m.

Identificazione: da 20 a 50 cm. Perenne, stecco fiorale eretto, carnoso e molto foglioso; foglie basali a rosetta, sessili, grasse, imbricate, oblunghe, a punte acute spesso rosse, con lamine glabre e margini ciliati; fiori rosa striati di porpora (giugno-agosto), subsessili o brevemente picciolati, in corimbi terminali, 8 – 20 sepali, 8 – 20 carpelli divergenti; follicolo che si apre con una fenditura e contenente numerosi semi su due ranghi; il ceppo emette dei ricacci. Odore debole; sapore acidulo.

Parti utilizzate: foglie fresche, succo fresco.

Costituenti: tannino, mucillagine, acido malico e formico.

Proprietà: antispasmodico, astringente, emolliente, vulnerario.

USO INTERNO E USO ESTERNO – utilizzazione farmaceutica

Indicazioni: callo, dermatosi, diarrea, emorroidi, occhi, piaga, puntura, scottatura, screpolature.


Scolopendrio

Scolopendrium officinalis Sm.

Lingua cervina – lingua di cane – Lingua dei pozzi – Erba mula – Erba sciabra – Letuga sarvaega – Erba milsèra

Polipodiacee

Lo scolopendrio è una felce caratteristica dei vecchi muri umidi, delle volte cadenti, presente agli ingressi oscuri di grotte umide. Questa pianta, che dev’essere protetta, è sempre verde in tutte le stagioni; sulla pagina inferiore delle foglie, in estate, appaiono le spore per la riproduzione. Un tempo, lo scolopendrio era apprezzato come rimedio contro i blocchi intestinali e i disturbi del fegato e della milza; in seguito, con il progresso della medicina, furono preparati farmaci più idonei. Oggi la pianta viene sopratutto utilizzata per le sue proprietà emollienti, espettoranti e astringenti. L’omeopatia prescrive una tintura che si ricava dalla pianta fresca; i fitoterapisti consigliano l’infuso delle sue foglie, fresche o essiccate, in acqua o, meglio, nel latte. Lo scolopendrio entra, insieme con altre 16 piante, tutte specie vulnerarie, nella tisana detta tè svizzero e nello sciroppo officinale composto di cicoria.

Scolopendrio Scolopendrium officinalis Sm. Lingua cervina – lingua di cane – Lingua dei pozzi – Erba mula – Erba sciabra – Letuga sarvaega – Erba milsèra Polipodiacee
Asplenium_scolopendrium

Habitat: abbastanza diffuso in Italia, penisola e Sicilia; fino a 1800 m.

Identificazione: da 20 a 90 cm. Perenne, fronde a ciuffi, intere, grandi, robuste, verde brillante, più chiare sotto, un poco ondulate ai margini, a cuore alla base, bordi lisci con piccioli squamosi; sori lungo la pagina inferiore (giugno – settembre), a ranghi paralleli e obliqui rispetto alla nervatura mediana, ricoperti dall’indusio; rizoma sotterraneo, rosastro, spesso, squamoso, fibroso, verticale. Odore erbaceo, che diventa aromatico dopo l’essiccazione. Sapore dolce.

Parti utilizzate: foglie fresche o secche ( tutto l’anno, da utilizzare subito; in settembre da conservare).

Costituenti: mucillagine, tannino, uno zucchero, vitamina C, colina.

Proprietà: astringente, bechico, diuretico, emolliente, espettorante, galattofugo, risolvente, vulnerario.

Uso interno  e uso esterno,  utilizzazione farmaceutica

Indicazioni terapeutiche: allattamento, bocca, bronchite, diarrea, fegato e reumatismi.


Acanto (Acantus mollis L.)

L’acanto, diffuso allo stato spontaneo nelle zone meridionali, è coltivato nei giardini come pianta ornamentale per eleganza dei grandi fiori bianchi venati di porpora e delle grandi foglie, profondamente incise, verde scuro e lucenti. Si dice che le foglie abbiano ispirato lo scultore greco Callimaco quando creò i motivi decorativi dei capitelli corinzi. Infatti, l’acanto è presente anche in tutte le regioni costiere del Mediterraneo.
I medici dell’antichità consigliavano l’infuso di questa pianta per numerosi usi. Dioscoride e Plinio la reputavano diuretica, efficace contro le irritazioni viscerali e, perfino, utile come rimedio preventivo  della tubercolosi polmonare. Nel Medioevo, sembra essere stata completamente dimenticata. Attualmente, viene utilizzata per uso esterno come bagni, compresse, cataplasmi oppure gargarismi. Per conservare la migliore efficacia si devono cogliere i fiori quando sono completamente sbocciati e poi farli essiccare lentamente all’ombra. Invece, le foglie e le radici si fanno essiccare in un forno piuttosto caldo.

Acanthus mollis L.

Habitat: bacino Mediterraneo, zone rocciose, ruderi; fino a 300m.

Identificazione: da 40 cm a 150 cm. Perenne, fusto fiorale eretto, robusto, con poche foglie alla base; foglie basali glabre, molto grandi, tenere, profondamente incise; fiori bianchi, spesso striali di porpora ( Luglio – Agosto), di 5 – 6 cm di lunghezza, sessili, in lunghe spighe su 4 o 6 ordini verticali ben distinti, muniti di 1 brattea spinosa e di 2 bratteole strette, calice a 4 lobi ineguali, quello superiore come un grande elmo violaceo, corolla con un solo labbro inferiore trilobato, 4 stami saldati alla corolla; capsula bruna, liscia, esplodente, 2 – 4 grossi semi lucenti, bruni; ceppo grosso con robuste radici biancastre. Sapore amaro.

Parti utilizzate: foglie fresche, fiori, radice ( autunno).

Costituenti: 
sali minerali, mucillagine, glucidi, tannino, sostanze amare.

Proprietà: aperitivo, coleritico, emolliente, vulnerario.

Uso interno e uso esterno

Indicazioni : angina, contusioni, dermatosi, diarrea, digestione, punture, scottature.